Le Pleiadi

Posizione delle Pleiadi rispetto alla costellazione del Toro
 
 
 
L’ammasso delle Pleiadi è forse il più famoso del cielo poiché ben visibile sopra le nostre teste. Fra l’altro fin dall’antichità viene citato dai primi osservatori del cielo e dagli autori. Lo stesso nome comune con cui è conosciuto deriva dalla mitologia greca secondo la quale le Pleiadi erano le sette figlie di Atlante e Pleione.
Da un punto di vista scientifico siamo in presenza di un ammasso aperto dalla magnitudine apparente di 1.6 che si trova nella costellazione zodiacale del Toro. Nel Catalogo di Messier le Pleiadi sono codificate con la sigla M 45.
L’ammasso dista da noi circa 400 anni luce ed è dunque relativamente vicino se consideriamo le dimensioni dell’universo.
Ha un’età stimata di 100 milioni di anni, un diametro di 8 anni luce e conta circa 1000 stelle, 14 delle quali sono visibili anche ad occhio nudo.
Di seguito riportiamo i nomi ed alcuni dati degli astri più luminosi.

 
Nome
Designazione
Magnitudine apparente
Classificazione stellare
Alcyone
Eta (25) Tauri
2,86
B7IIIe
Atlante
27 Tauri
3,62
B8III
Elettra
17 Tauri
3,70
B6IIIe
Maia
20 Tauri
3,86
B7III
Merope
23 Tauri
4,17
B6IVev
Taigete
19 Tauri
4,29
B6V
Pleione
28 (BU) Tauri
5,09 (var.)
B8IVep
Celeno
16 Tauri
5,44
B7IV
Asterope
21 e 22 Tauri
5,64;6,41
B8Ve/B9V
Quelle più brillanti prendono il nome dalle sette sorelle mitologiche e la loro disposizione ricorda molto la costellazione del Carro dell’Orsa Maggiore. Sono stelle relativamente giovani e ciò è confermato anche dal loro colore che va dal bianco all’azzurro.


CERERE



 
 
                                                              

                                                                                                                                                            

                                                                                                                                                                         Cerere fotografato dalla sonda Dawn.


Cerere è stato scoperto dall’astronomo italiano Giuseppe Piazzi il 1 gennaio 1801 dall’osservatorio astronomico di Palermo di cui era direttore.

Tale scoperta fu del tutto casuale e, in un primo momento, lo stesso Piazzi non si era reso totalmente conto della natura dell’oggetto celeste da lui osservato. Egli infatti stava cercando la stella catalogata come Lacaille87, la cui posizione non corrispondeva a quella indicata nel catalogo zodiacale di Mayer. Notò allora una stella particolarmente brillante nella costellazione del Toro, la quale però non figurava in alcun catalogo stellare. Questo lo indusse a pensare si trattasse di una stella fissa, ma quando nelle notti successive osservò l’astro in una diversa posizione, iniziò a domandarsi quale fosse la sua reale natura poiché si era spostato nell’Ariete con moto retrogrado. Purtroppo Piazzi non poté compiere altre osservazioni perché l’11 marzo 1801 Cerere entrò in congiunzione, risultando invisibile dalla Terra e andò perduto, ma nonostante ciò egli inviò le sue osservazioni a Bode e Lalande i quali ne pubblicarono una sintesi nel settembre dello stesso anno. Grazie a questo fu possibile calcolare l’orbita del corpo celeste che fu nuovamente scoperto, per così dire, il 31 dicembre 1801. Per oltre cinquant’anni Cerere poté godere dello status di pianeta, fino alla scoperta di altri oggetti delle stesse dimensioni piuttosto ridotte (e deludenti). Fu declassato ad asteroide, termine che significa “simile a stella”, sino all’agosto 2006 quando la UAI ha creato la categoria dei pianeti nani includendovi Cerere, Plutone e molti altri oggetti scoperti nel Sistema Solare che restano ancora piuttosto misteriosi.
 
 
Cerere si trova nella cosiddetta fascia degli asteroidi compresa fra le orbite di Marte e Giove e la sua massa è pari al 32% di tutti i corpi celesti presenti in quella zona del Sistema Solare. Ha un diametro di 950 km e queste dimensioni lo rendono il maggiore della fascia asteroidale.
Cerere è l’unico pianeta nano a trovarsi all’interno del Sistema Solare e in queste settimane è studiato a distanza ravvicinata dalla sonda spaziale Dawn (NASA). E’ stata lanciata da Cape Canaveral il 27 settembre 2007 con lo scopo di studiare l’asteroide Vesta e appunto Cerere.
Da luglio 2011 a luglio 2012 Dawn ha studiato Vesta, poi è ripartita per agganciare l’orbita di Cerere il 6 marzo 2015. Da allora ci ha inviato sorprendenti immagini del pianetino che hanno ben presto sollevato interrogativi e alimentato sospetti.

 




                                                                                                                                

                                                                                                                  

                                                                                                                               

                                                                                                                                     Che cosa sono quei bagliori che si vedono del cratere?












E quelle linee? Da cosa hanno avuto origine? Sono solo dovuti ad impatti con meteore o c’è dell’altro?
 

L’ESPLORAZIONE DI TITANO
 
Titano è il maggiore dei satelliti naturali di Saturno ed il secondo più grande di tutto il Sistema Solare dopo Ganimede (satellite di Giove).
 








E’ stato scoperto dall’astronomo olandese Christian Huygens il 25 marzo 1655. Titano è uno dei corpi celesti rocciosi più massicci del Sistema Solare e con un diametro di 5150 km supera anche le dimensioni di Mercurio.
 
Le missioni Pioneer 11 e le Voyager 1 e 2 sono state le prime a fornire informazioni su Titano indicativamente nel corso degli anni ’80. Quello che conosciamo oggi è dovuto alla missione che porta il nome dei grandi astronomi del passato Giovanni Cassini e Christian Huygens la cui notorietà è strettamente connessa a Saturno e al suo complesso sistema di anelli e satelliti.

 












Il 15 ottobre 1997 il vettore Titan IVB Centaur, con a bordo la sonda Cassini-Huygens, viene lanciato dal Kennedy Space Center in Florida.
Dopo un viaggio lungo quasi sette anni, il 1 luglio 2004 la Cassini-Huygens raggiunge Saturno inserendosi correttamente 
nella sua orbita e dopo cinque giorni compie il primo passaggio ravvicinato di Titano, mentre il 26 ottobre sorvola il corpo celeste 
ad una quota di appena 1200 km dall’atmosfera.
Il 25 dicembre 2004 la sonda Cassini si sgancia dalla nave madre ed inizia il suo viaggio che la porterà a posarsi sulla superficie 
di Titano il 14 gennaio 2005 dopo due ore dall’ingresso nell’atmosfera.

I








l luogo di atterraggio si presentava apparentemente asciutto dalla consistenza simile alla sabbia bagnata. E’ stato ipotizzato che periodicamente la superficie venga irrorata da flussi di idrocarburi allo stato liquido e tutto questo è stato confermato dalle eccezionali immagini inviate sulla Terra.












                                                                                                              La prima immagine della superficie di Titano inviata dalla sonda Cassini.


Sono state riscontrate molte analogie con la seconda atmosfera della Terra che precedette lo sviluppo di esseri viventi capaci di rilasciare ossigeno sul nostro pianeta. Alla luce di tutto ciò, l’ipotesi che su Titano possa svilupparsi una qualche forma di vita, è tanto affascinante quanto improbabile poiché la grande luna di Saturno si trova troppo distante dal Sole e dunque le temperature non sono compatibili con la vita dalle caratteristiche simili a quella terrestre.